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Calcio, a tu per tu con Mauro Marchionni giocatore dal talento smisurato

Calcio, a tu per tu con Mauro Marchionni giocatore dal talento smisurato

di Alessandro Galastri

Giocatore eclettico, talento smisurato e tanta voglia di uscire fuori dagli schemi. Abbiamo intervistato in esclusiva Mauro Marchionni, giocatore capace di vincere due campionati di Prima Categoria da fuori quota, rispettivamente con Montecelio e con Cerreto.

Mauro, come descriveresti in generale la tua carriera calcistica?
Ho sempre amato questo sport, fino a 17 anni ho creduto in me stesso e nei miei mezzi, giocando pure con i Giovanissimi Nazionali della Roma con il mio amico Francesco Maiorani, ora portiere del Vicovaro, e con la Primavera della Viterbese di mister Tamburrini, ex giocatore della Lazio. Poi ho intrapreso strade diverse, comprendendo che il calcio è un mondo difficile per poter sfondare e fare successo.

Nella tua vita da giocatore hai ricoperto vari ruoli. Quale senti sia il tuo preferito?
All’inizio della mia carriera giocavo da seconda punta, o al massimo ala sinistra. Poi ho conosciuto un professionista del calcio come Mauro Picconi che mi ha spostato in difesa, da centrale, dove ho conseguito i miei migliori successi. Poi col Montecelio ho giocato anche da terzino sinistro con mister Daniele De Filippo, vista la mia duttilità e il mio sacrificio nel ricoprire ruoli diversi.

Hai un rimpianto in particolare?
Sono stato a volte troppo discontinuo, non credendo troppo in me stesso. Se avessi avuto maggiore fiducia nelle mie capacità oggi forse parleremo di un altro giocatore. Non mi sono mai montato la testa in vita mia, ma penso che con le mie qualità fisiche e tecniche avrei potuto fare sicuramente di più.

Il tuo ricordo più bello legato al calcio?
Senza dubbio il campionato vinto col Cerreto Laziale, una squadra di grandi giocatori ma in primis di veri amici, quali Fabio De Santis, un altro talento inespresso nel nostro calcio, Francesco Censi, che purtroppo nell’anno 2009-2010 si ruppe tibia e perone nella semifinale di Coppa Lazio contro l’Alatri, a cui sono legato da un sentimento profondo extracalcistico.

La persona che più ti ha fatto crescere nell’ambito sportivo?
Pino Sabucci, direttore sportivo tra i più competenti della zona, che mi ha ingaggiato a Cerreto, credendo sempre nelle mie potenzialità e permettendomi di compiere una notevole crescita dal punto di vista umano e calcistico.

Perché la tua carriera non ha preso la strada che tutti gli addetti ai lavori avevano pronosticato per te?
Purtroppo hanno influito diversi fattori extracalcistici, quali circostanze di lavoro e fatalità della vita. Ho poi intrapreso la strada del calcio a 5, segnando valanghe di gol, con 66 gol realizzati nel primo anno a Tivoli in Serie D, dove ho riscoperto il vero piacere di giocare a pallone assieme agli amici di sempre. Penso che questo sia il vero senso del valore sportivo, ovvero quello di condividere gioie ed emozioni con le persone che ami e con cui ti senti legato attraverso un particolare rapporto che esula dalla semplice conoscenza e coinvolge in pieno i veri sentimenti della vita.

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