Home Cronaca Guidonia, Salfa scoperchia il “malaffare”. De Vincenzi collabora ma ha paura del “sistema”

Guidonia, Salfa scoperchia il “malaffare”. De Vincenzi collabora ma ha paura del “sistema”

Guidonia, Salfa scoperchia il “malaffare”. De Vincenzi collabora ma ha paura del “sistema”

Il velo di “omertà” è stato strappato da Patrizia Salfa. E’ con un esposto del febbraio 2015 che l’ex assessore della giunta di centrodestra scoperchia il “sistema Guidonia” dove sugli appalti a tanti zeri e attraverso una miriade di piccoli affidamenti si sarebbero fatti affari a non finire. Dalle sue dichiarazioni sono partite le indagini dalla procura di Tivoli portate avanti dalla guardia di finanza di Roma. Così in un sentiero lungo due anni giovedì scorso è scattata la misura cautelare per quindici degli indagati nell’operazione “ragnatela”, tra carcere e domiciliari.

“Ho denunciato perché scossa dal menefreghismo del sindaco e di chi gli stava intorno nei confronti della gente, avevo negli occhi i padri di famiglia che non riuscivano a mettere in tavola la cena”, spiega in questo modo la scelta, raggiunta telefonicamente sabato pomeriggio. “Ho voluto liberare Guidonia da una morsa che costringeva i cittadini ad essere vassalli, è ai cittadini che ho voluto dire: non bisogna aver paura, la giustizia anche se con i suoi tempi poi arriva. Ho messo la mia faccia, assumendomene i rischi per salvare la comunità. Ho voluto renderli liberi per iniziare, lo spero, un percorso sano”. Salfa, donna di destra – quella sociale – era entrata nell’esecutivo di Rubeis con la vittoria del 2009. Si era dimessa poi nel 2013 proprio sull’onda di un grave contrasto con i metodi di gestione dell’architetto, a causa di un clima sempre più inquinato che l’ex missina respirava nelle stanze delle decisioni. “Quando entravo si zittivano”, ricorda, non era un mistero allora e non lo è oggi come la battaglia si fosse infiammata con la riconferma da parte di Rubeis dei fiduciari investiti da pesanti guai giudiziari (quelli sulle spese folli, anni 2007-2010). Ma c’era dell’altro. Salfa va in Procura nel 2015 e mette all’attenzione una serie di gravi episodi di mala amministrazione: alcune delle questioni toccate sono già al centro di inchieste, altre, come il trasporto pubblico locale ma non solo, hanno trovato spazi da quell’esposto nelle indagini attuali. Non è un passo leggero quello compiuto dalla Salfa se – come scrive nell’ordinanza il giudice per le indagini preliminari Alberto Michele Cisterna – nella terza città del Lazio c’è una mafia bianca il cui collante è l’omertà. Quando l’ex assessore si presenta a Tivoli chiarisce subito, le persone già rinviate a giudizio invece di essere allontanate o sanzionate rivestono ancora incarichi influenti. Era il caso di Rosa Mariani, ex segretario comunale, del dirigente Gilberto Pucci, dell’istruttore amministrativo Michele Maccaroni, oggi tutti in carcere. E’ una fotografia cruda quella scattata dalla Salfa che va però al di là dei tre appena citati. A fronte di diversi procedimenti amministrativi che l’ex assessore denuncia come viziati, si va dall’urbanistica con miracolose varianti in zona casello al trasporto pubblico, ad emergere è un quadro complessivo nel quale c’è un centro decisionale composto da alcuni politici dell’allora maggioranza di centrodestra, dirigenti e funzionari (all’esterno chiaramente gli imprenditori) che indirizzano le decisioni piegando – questo è il senso – il bene collettivo a quello privato. Risorse pubbliche “depredate” e “saccheggiate”, ha scritto il gip, senza parlare della fiducia dei cittadini.

Nell’operazione ragnatela che ha colpito l’ex sindaco facente funzioni Andrea Di Palma, e ancora Argentino, Pucci, De Paolis, Maccaroni, Mariani, per citare quelli ai quali viene contestata l’associazione per delinquere, ma c’è anche l’ex consigliere Alberto Morelli, per alcuni si parla anche di mazzette. Una bufera a Guidonia, i settori clou sono sotto la lente, dall’ambiente ai lavori pubblici. Salfa viene chiamata diverse volte in procura e anche dalla guardia di finanza di Roma, ed è alla fine del 2015 che inizia a parlare di “sistema”, fornisce elementi e le indagini vanno avanti poi per la propria strada, “il sistema prevedeva che tutti gli assessorati avevano la complicità del dirigente”, si riferisce cioè al mancato controllo – per gli inquirenti voluto – della segretaria Mariani. La stessa Salfa è finita in un’inchiesta con tutto l’esecutivo di allora (per fatti che risalgono al 2012) per aver votato in Giunta una delibera relativa al centro smistamento dell’umido che farebbe acqua da tutte le parti. Un aspetto questo che non indebolisce di una virgola agli occhi degli inquirenti il salto compiuto dal teste Salfa. Di “sistema” e “rete” parla anche Paola Piseddu, la dirigente ascoltata sulla questione trasporti (e non solo), spostata di volta in volta negli uffici del Comune perché considerata scomoda. Contraria alle proroghe a getto continuo, agli affidamenti senza regole. Annota il pm come si sia in presenza a Guidonia di “un cerchio magico”, come lo definisce la stessa Salfa, di cui fanno parte i principali soggetti coinvolti in questa inchiesta (ma sembrerebbe non solo quelli) e che costituisce una sorta di “apparato, di cupola, di vertice del malaffare”, capace di avvalersi di agganci nelle istituzioni e nello stesso Palazzo di Giustizia, attraverso una “talpa” sulla quale il gruppo avrebbe contato almeno fino a un certo periodo. “Guidonia è un sistema corrotto” ha detto la Salfa ai pubblici ministeri, ed è odiato “chi non è nel sistema e non è funzionale al sistema”.

Salfa denuncia, ma a collaborare è anche Domenico De Vincenzi, ex consigliere di opposizione, uno dei volti noti del partito democratico, candidato sindaco nel 2014. Viene chiamato dopo che il suo nome esce come persona informata, e davanti al pm De Vincenzi non riesce a dare nessun elemento preciso, ha paura, ma conferma l’esistenza della ragnatela. “Ho timore”, dice in quel momento, nei confronti di una “rete” di personaggi pubblici coinvolti nelle vicende di malaffare, ribadisce come in sede di consiglio abbia più volte acceso i riflettori sull’irregolarità di diversi appalti. D’altronde De Vincenzi per il dirigente Angelo De Paolis (oggi a Rebibbia), andò dai carabinieri, denunciò l’architetto per la scarsa trasparenza, visto che a fronte di ripetute richieste formali non voleva saperne di consegnare al consigliere le carte relative agli affidamenti di certi lavori.

Il “cerchio magico” a quanto pare aveva anche individuato – scrive il gip – in Salfa e De Vincenzi i soggetti che stavano collaborando con la procura, e in un momento delicato dell’investigazione. Avrebbe detto Di Palma: “… ma poi sai qual è la fonte confidenziale sua? Uno che mo… denunciato per un’estorsione di 30mila euro che ha chiesto…e c’è un’indagine… e un’altra è una politica di Guidonia… la stessa che è stata rinviata a giudizio dalla procura”. Il riferimento alla denuncia “non è vero” dice adesso De Vincenzi, “mai ricevuta”, anzi spiega, “mi sono esposto pubblicamente per accendere un riflettore sulla gestione del centrodestra, denunciando più volte in consiglio comunale la poca trasparenza degli appalti. E’ chiaro che è merito della magistratura se è stato scoperto il sistema”. Rispetto ai timori di quel periodo, commenta: “Avevo paura per la mia persona, il clima era brutto”. L’ultima considerazione è politica, “mi dispiace che a tutt’oggi nessuno dei parlamentari del Pd abbia presentato un’interrogazione sui gravi fatti che stanno interessando Guidonia Montecelio”, chiosa così.
Gea Petrini

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