Pd primo partito a Guidonia ma è sconfitta. I 5S spariscono

Il Pd è primo partito a Guidonia Montecelio e la coalizione progressista resta fuori dal ballottaggio per 180 voti: una maledizione sembrerebbe ma non è un fantasy e non ci sono stregoni da interpellare. Da quasi vent’anni infatti il principale partito del centrosinistra è tenuto fuori dal governo della terza città del Lazio dagli elettori e chiaramente dalle scelte di chi organizza la scacchiera politica. Nonostante il risultato in termini di lista ben oltre le aspettative, considerando il calo generale dei partiti e la forza magnetica delle civiche, il 18.8% con 5.530 voti non permette ai democratici di andare a sfidare Mauro Lombardo al ballottaggio. Si tratta di 180 voti di distacco da Alfonso Masini, troppo pochi in generale per fare l’analisi del singolo elemento mancato nel puzzle. Ora c’è chi invoca il riconteggio delle 640 schede nulle, chi invece se la prende con il singolo candidato della singola lista che poteva fare di più. La panoramica in realtà è più complessa e affonda le radici su due piani critici per il Pd.

Il primo più evidente è quello relativo alla coalizione. Con il Pd quasi al 19% è naufragato il contesto intorno. La lista civica del sindaco è andata bene grazie a Filippo Silvi, meno per l’ingresso dei moderati di area centrodestra. È chiaro che su ArticoloUno non ci si aspettava più di quello che è stato, ma il punto dolente invece è stata l’altra vera gamba della coalizione cioè il Movimento Cinque Stelle. I pentastellati a livello nazionale sono in tracollo con percentuali ancora più basse di quelle registrate a Guidonia dove si fermano a 4.616% cioè 1.355 voti. In termini percentuali una presenza necessaria a Cuccuru per avvicinarsi alla possibilità del ballottaggio, senza quel 5% la strada sarebbe stata del tutto impossibile. Ma i voti che prendono i cinque stelle sono tre punti sotto quello che si prevede. Un tonfo visibile nelle preferenze. Per tutta la campagna elettorale girano indiscrezioni sulle tensioni interne per la volata di Matteo Castorino che qualcuno dà addirittura intorno ai mille voti. La realtà è ben diversa: il capogruppo uscente non segna oltre le 277 preferenze e subito dietro resta Michel Barbet il sindaco uscente che prende solo 116 voti. Dopo c’è Maurizio Celani con 61 consensi e Monia Felici con 60 voti. Numeri che non bastano a Cuccuru per andare al ballottaggio e che non bastano ai cinque stelle per sopravvivere. Il Movimento è di fatto fuori dal consiglio comunale dopo cinque anni per la quasi totalità di governo monocolore, tranne l’ultimo semestre con il Pd. Il tonfo dal 20% al 5 scarso sta tutto nel giudizio della città che non perdona ai cinque stelle l’immobilismo, la sciatteria amministrativa, il pressappochismo politico con cui troppe volte interi pezzi della maggioranza si sono mossi. Sembra una follia dirlo ma la città non ha perdonato le buche in strada, l’erba alta nei parchi, l’ordinario che è mancato. I cinque stelle hanno cercato di spiegarlo tante volte che stavano tirando fuori la città dal baratro lasciato dai conti in rosso del centrodestra e dagli scandali degli anni che hanno preceduto il loro arrivo. Il messaggio però non è passato perché la città si è sentita abbandonata a se stessa. Così il recupero della fiducia nelle istituzioni invece di riavvicinarsi si è allontanato aprendo la strada alle esperienze civiche e ancora di più all’astensionismo. 

Il tema della coalizione è un nodo centrale per il Pd a Guidonia Montecelio e non solo. È in Italia in queste ore che i democratici di Enrico Letta si interrogano visti i numeri disastrosi dell’implosione cinque stelle. Il Pd sa a ogni livello che l’autosufficienza è impossibile, ma la costruzione di un reale campo progressista sembra non essere più rinviabile.

Le ragioni della sconfitta nella terza città del Lazio si annidano poi su un altro aspetto più interno. Il partito per correnti nei finti unanimismi genera dinamiche che sono sempre fragili. Un peso che porta sulle spalle Rocco Maugliani. Il segretario provinciale del Pd ha commissariato il partito un anno fa e inquadrare questi tre mesi è stato praticamente a tempo pieno su Guidonia. Ma l’intervento di Maugliani è arrivato dopo quattro anni di nulla, in cui cioè i consiglieri comunali hanno trainato da soli la nave, con maggiore e minore impegno. L’incrocio delle intenzioni tra Maugliani, il senatore Bruno Astorre e il presidente del consiglio regionale Marco Vincenzi ha portato a un risultato elettorale che nel partito è da considerare un successo. Ma se la sintonia è stata il presupposto, i voti di preferenza presi dai candidati ha fatto la differenza. Il Pd ha ben quattro candidati sopra i 900 voti, di cui due sopra i mille, e la quinta a 600. E per una volta niente sabotaggi, nessuno sgambetto almeno evidente. Ma l’instabilità del quadro che c’è dietro, un partito in sofferenza da anni, l’incombenza delle ragioni di parte, le strategie sugli assetti che richiedono sacrifici sempre agli stessi, sono fattori che consegnano poi sempre lo stesso esito: la sconfitta. La faccia nera di Marco Vincenzi lunedì pomeriggio al comitato elettorale di Cuccuru, dopo due mesi di permanenza fissa in città insieme a Manuela Chioccia che sarà candidata a quanto pare al consiglio regionale l’anno prossimo, è l’emblema di quello che il Pd ha davanti a sé. L’opposizione.