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Una tenda indiana a Guidonia, spazio alla cultura dei nativi americani: nasce l’associazione

Una tenda indiana a Guidonia, spazio alla cultura dei nativi americani: nasce l’associazione

Nicole Maturi

Un’associazione per promuovere la cultura nativa americana e difendere l’immagine dei nativi nel rispetto dell’autenticità. Questa l’idea dei tre soci Giuliano Lombardozzi, Emiliano Neve e Giovanni Di Vozzo che a Guidonia Montecelio hanno avviato questa realtà costruendo da soli una tenda indiana, la cosiddetta Tipi, realizzando così un sogno che avevano sin da bambini.

«Sentendo la necessità di avvicinarci a questa cultura così affascinante – spiegano – abbiamo deciso di intraprendere questo percorso. I “Nativi” vivono in simbiosi con Madre Terra e con tutte le creature che ne fanno parte. Inoltre è centrale il ruolo della famiglia e il rispetto del singolo è fondamentale per l’organizzazione della società, nella quale tutti i componenti hanno il dovere e il diritto d’opinione e tutte le decisioni vengono prese da un “consiglio” che stabilisce come governare la comunità. Per questi e numerosi altri motivi abbiamo deciso di informarci e tramandare i principi degli Indiani d’America. Ci siamo documentati per capire quali fossero le loro tradizioni e abitudini e abbiamo cercato dei contatti con persone che sono state vicine a questa tribù. La scelta è ricaduta sui Cheyenne poiché sono stati molto incisivi nella storia, hanno avuto grandi capi che si sono imposti mostrando il loro spessore sociale. Stiamo studiando la loro lingua al fine di essere pronti un giorno semmai ci si presentasse la fortuna di conoscere un gruppo di loro». La struttura della Tipi, realizzata dagli stessi soci è stata studiata fino al minimo dettaglio. La parola thíṗi consiste di due elementi: il verbo thí, che significa “abitare”, e l’enciclico plurale ṗi, che vuol dire “essi abitano”.

La tenda era resistente e forniva un ambiente tiepido e confortevole ai suoi abitanti anche durante gli inverni più rigidi, impermeabile anche sotto le piogge più battenti e fresca al culmine delle calure estive. Era trasportabile, fattore importante dal momento che la maggior parte delle tribù era nomade. «La tenda ha una forma conica – continuano – costituita da tre elementi: un insieme di pali, una tela e un rivestimento interno. Corda e picchetti sono necessari per legare i pali ed ancorare la copertura. Ha un’apertura superiore per far uscire il fumo del fuoco collocato all’interno, nel centro, che permette all’abitante di cuocere e riscaldarsi.

La copertura versatile invece consente un solido ma controllato sistema di circolazione dell’aria fresca e di smaltimento dei fumi con qualsiasi tempo». I Tipi sono concepiti per essere montati e smontati in funzione degli spostamenti, specialmente per inseguire le mandrie di bisonti. «All’inizio abbiamo cercato di capire come doveva essere fatto il palo centrale, struttura portante della tenda, poi ci siamo occupati del telo. Un guro di questo settore ha realizzato per noi la copertura, perché era impossibile trovare il materiale specifico. Noi ci siamo occupati delle decorazioni. Ci sono quattro simboli della loro cultura nei vari lati che rappresentano: il lupo, l’aquila, il bisonte e l’orso. In alto c’è disegnato un sole e in corrispettivo al centro interno della tenda lo ritroviamo, un evidente rimando alla natura da loro venerata. Ci sono poi dei capelli in cima e ai lati che sono proprio identificativi della tribù. All’interno della struttura la pavimentazione è in legno smontabile. Al centro del tipi c’è un braciere che consente il riscaldarsi e cucinare. C’è un sistema formato da una serie di teli che permette al calore di restare all’interno e alla pioggia di non penetrare grazie a dei legnetti fissati su ogni palo. La nostra intenzione è quella di diffondere questa cultura che noi abbiamo studiato approfonditamente organizzando qui nel Tipi dei seminari. Vogliamo avvicinare la cittadinanza a questa realtà da cui c’è veramente molto da imparare. La struttura da noi realizzata serva da esempio, una sorta di museo. Dobbiamo fare proselitismo perché pensiamo che questa loro cultura può servire ora, intrisa di valori ormai quasi persi».

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