Nel 2021 oltre 350 pazienti nel Centro Salute Mentale di Guidonia: venerdì se ne parla a Zagarolo

Agorà terapeutiche che accompagnano famiglie e pazienti in sentieri di cura in cui tutti si mettono in relazione: non solo singoli pazienti, ma anche interi nuclei familiari e operatori della salute mentale; in alcuni casi persino amici e parenti. Forse non tutti sanno che nel CSM – Centro di Salute Mentale di Guidonia si è svolta un genere di terapia, detta psicoanalisi multifamiliare che nasce con lo psicanalista argentino Jorge Garcìa Badaracco negli anni ‘60 e che a Guidonia, per oltre 15 anni ha aiutato centinaia di pazienti, anche gravi, ad uscire dall’isolamento, entrando in connessione con famiglie che vivevano gli stessi problemi.

I risultati, secondo chi ha condotto questa metodica, sono stati eccellenti. “È come in un gioco di specchi, spesso le famiglie non riconoscono le proprie disfunzionalità, ma entrando in dinamica relazionale con gli altri, aumenta la consapevolezza e i miglioramenti sono evidenti sia nei pazienti che nelle dinamiche familiari. Inoltre, i malati non sono gli unici ad essere coinvolti nel processo di cura, uscendo così dallo stigma che purtroppo ancora oggi la società impone alla malattia mentale”.

Il dottor Walter Paganin psichiatra e psicoterapeuta del CSM racconta così il progetto avviato nel 2007 dal Dott. Aldo Pantò, oggi in pensione, e portato avanti grazie alla dedizione di alcune infermiere (Laura Di Buccio, Laura Mattei e Sabrina Bonci) che hanno in questi anni assistito alle sedute quindicinali della terapia multifamiliare. Sabrina Signorini, psicologa con studio a Collefiorito di Guidonia, con esperienza ventennale nel campo della salute mentale, nell’assistenza sociale e in centri di recupero per le tossicodipendenze non ha dubbi: “Il metodo di psicoanalisi multifamiliare funziona e ha prodotto risultati e cambiamenti che non esito a definire epocali. Si riuniscono gruppi di 40/50 persone, in sintesi 8,9,10 famiglie che si trovano a condividere la propria esperienza”.

I due professionisti della salute mentale illustrano una realtà preoccupante: “Ci troviamo di fronte a nuove forme di disagio. Il Covid ha complicato la situazione. C’è stato un aggravamento di situazioni pregresse e nuove forme di sofferenza mentale. Dall’ansia agli attacchi di panico fino a forme depressive e nevrotiche che hanno colpito anche i giovanissimi”. I dati del Csm ci restituiscono il quadro. Più di novemila cartelle complessive di pazienti in cui è gestita l’utenza di un territorio vastissimo: da Palombara Sabina a Sant’Angelo Romano passando per Nerola, Monte Flavio e Montelibretti. Solo nel 2020 sono stati presi in carico 271 pazienti, senza considerare in aggiunta altre 65 persone che, dopo una prima accoglienza, hanno scelto di non proseguire. Nel 2021 si è arrivati alla cifra di 352 pazienti con cartella aperta, praticamente circa una cartella al giorno, oltre a ulteriori 80 persone che hanno deciso di non intraprendere un percorso dopo il primo contatto col servizio.

“Il distanziamento sociale ha inciso profondamente sui percorsi psicoterapici di cura dei pazienti che sono stati seguiti per un periodo con telefonate e videochiamate. C’è un problema di alfabetizzazione informatica dell’utenza e anche la mancanza di adeguati strumenti informatici, per la quale l’Azienda sanitaria si è dovuta adeguare in breve tempo” racconta Paganin. “La terapia di psicoanalisi multifamiliare è riuscita a sopravvivere solo fino al 2021 – confessa con una punta di amarezza la Dott.ssa Signorini che assieme al collega Walter Paganin ha deciso di mettere per iscritto il lavoro di una vita.

Nel saggio “Sentieri di cura”, i due professionisti restituiscono un’esperienza che non vogliono che vada smarrita. “E’ sempre difficile misurare con delle cifre i miglioramenti di qualità di vita a cui abbiamo assistito, ma proprio per questo – spiegano i due coautori – è stato necessario elaborare tale esperienza. Non sempre, inoltre, le famiglie degli psicotici vengono interessate dal processo terapeutico dei loro parenti. E averlo fatto in una struttura pubblica è un elemento che non va sottovalutato”. Da qui l’appello dei due sanitari per diffondere e salvaguardare tale approccio ed eventualmente chiedere a soggetti istituzionali di trovare sedi in cui poter svolgere tale metodica: “Il 25 Marzo ci troveremo a Zagarolo presso Palazzo Rospigliosi alle ore 17.30 per discutere di quanto è stato fatto finora e anche grazie a questa intervista chiediamo a tutti quei soggetti, anche istituzionali, di mettere a disposizione degli spazi per poter proseguire questa importante eredità. Sarebbe meraviglioso proseguire i nostri sentieri di cura, senza lasciare nessuno indietro, anziché fermarsi a metà strada”. ma.ca.