Home Cronaca Michele La Ginestra: “Se non rispettiamo gli artisti non c’è futuro per la cultura”

Michele La Ginestra: “Se non rispettiamo gli artisti non c’è futuro per la cultura”

Michele La Ginestra: “Se non rispettiamo gli artisti non c’è futuro per la cultura”

di Alessandra Paparelli

Intervista a Michele La Ginestra, notissimo attore di teatro, cinema, serie tv, produttore e Direttore del Teatro 7, a Roma. E’ Rugantino al Teatro Sistina, precedentemente con Sabrina Ferilli nella parte di Rosetta, attualmente con Serena Autieri. Il musical Rugantino sarebbe dovuto ripartire dal 12 marzo scorso al Teatro Sistina di Roma e l’attore sarebbe dovuto tornare ad indossare i panni del celeberrimo Rugantino, personaggio spaccone, allergico al lavoro e irriverente della Roma papalina del XIX secolo, ma lo spettacolo è stato sospeso a causa della chiusura dei teatri italiani prevista dal DPCM 4 marzo 2020, in tema Covid-19. Si riparte dal nuovo decreto Governativo, nello specifico la parte dedicata ai lavoratori dello spettacolo in grande difficoltà ed emergenza. C’è una data: il 15 giugno prossimo potranno riaprire teatri e cinema. Ma come? Dubbi, perplessità, preoccupazioni e progettualità nell’intervista con il bravissimo e noto attore romano. Tra i settori più colpiti dall’emergenza sanitaria del Covid-19 c’è sicuramente quello del teatro. Da oltre due mesi e mezzo i luoghi di cultura sono chiusi, gli eventi cancellati, non ci sono spettacoli se non alcuni in streaming e sono di conseguenza rimasti fermi e “sospesi” tutte le categorie dei lavoratori dello spettacolo, così come gli attori e le attrici in stand by senza direttive nè certezze, senza conoscere ancora quale sarà il loro futuro lavorativo. Quello che si evince, in questo difficile e delicato momento di contenimento virus nella Fase 2 – nell’imminente riapertura di luoghi di cultura – è che per esempio la rappresentazione teatrale può e potrà avvenire avvenire soltanto attraverso uno scambio simbiotico ed emozionale tra il pubblico e l’attore che è in scena e non si può vivere in un altro modo. Non è possibile fare teatro senza assembramento, senza l’abbraccio con il pubblico. Occorre un nuovo punto di partenza, occorrono progettualità, sinergie, anche da rivedere in termini legislativi, ma come? Ne abbiamo parlato proprio con l’amato attore romano, per Dentro Magazine.

Come ripartire, dal 15 giugno prossimo? Qual è lo stato di salute del teatro italiano?

A teatro lo spettacolo è dal vivo, partiamo da questo. Il teatro sta pagando il fatto di essere un luogo in cui si vedono tante persone contemporaneamente perché lo si fa dal vivo e non ci sono alternative possibili. Lo spettacolo in streaming o in tv non è possibile, non è la stessa cosa. Il teatro è immediato, va vissuto e respirato in prima persona sia per per chi lo propone e lo realizza sia per il pubblico spettatore in sala.

Il punto 8 del decreto riapertura luoghi di cultura, cinema e teatri, non prevede però un punto necessario, molto importante: quello della somministrazione di cibo e bevande, impedendo, togliendo di fatto un “indotto” a sostegno degli spettacoli, dei luoghi di cultura ed eventi. Cosa ne pensi?

La mia speranza è che questo punto si possa rivedere e che sia provvisorio; inoltre, mi auguro che con l’arrivo dell’estate ci possa essere la possibilità proprio per gli spazi teatrali all’aperto, in modo da poter riabituare il pubblico ad assistere a uno spettacolo dal vivo: ovviamente, posti distanziati per rispettare le norme, il distanziamento sociale e tutte le misure di sicurezza messe in campo, in uno spazio sicuro ma all’aperto. In questo momento si parla molto di cinema e drive in all’aperto, dunque possibile auspicare la stessa cosa per il teatro. Allo stesso modo questa sarebbe un’occasione importante da cogliere, anche per poter dare speranza a tutti gli attori, alle maestranze lavorative, agli addetti ai lavori in generale, che in qualche modo sarà possibile riprendere il lavoro, ripartire e ricominciare. Il Campidoglio ha fatto delle scelte per alcuni grandi festival (penso, per esempio, ai grandi spazi come le Terme di Caracalla), anche per dare un incentivo all’estate romana, praticamente scomparsa. Il Comune di Roma, pur capendo noi il difficile momento, deve dare ancora linee di indirizzo per gli spazi teatrali: si è fermi, si sta scegliendo di non scegliere.

Che cosa ti auguri, a livello personale?

Mi auguro maggiori attenzioni, anche legislative. Mi auguro ed ho la speranza che nelle Commissioni (Camera, Senato, Regioni) siano presenti all’interno quante più persone possibili competenti in materia, esperti; persone che conoscano ciò di cui parliamo, che sappiano di teatro, di spettacolo, produzione, organizzazione, che gli amministratori e la politica si avvalgano sempre più di persone competenti in materia. Questa è la mia speranza.

Come valuti l’idea dei teatri con afflusso contingentato? Inoltre, sei molto attento ai diritti dei lavoratori e lavoratrici dello spettacolo.

E’ una soluzione non possibile, come accennato già, in particolare per gli spazi più piccoli. Il teatro ha bisogno di una platea piena e questo vale, oltre che per gli attori, in particolare per le maestranze che lavorano dietro le quinte. C’è tutto un enorme e importantissimo indotto senza il quale, gli spettacoli (nemmeno il Rugantino al Sistina) si possono fare. Se muore il teatro, se muore questo settore, muoiono personalità cosiddette “invisibili” ma necessarie, lavoratori essenziali per realizzare gli spettacoli.

A tuo avviso, a differenza dei grandi teatri che hanno sovvenzioni statali, sono dunque penalizzati i luoghi di cultura e i teatri più piccoli?

Portando ad esempio il Teatro 7 di Roma di cui sono il Direttore, personalmente ritengo che con dieci dipendenti a tempo indeterminato non possiamo permetterci la riapertura dal 15 giugno. Il Governo sta facendo quello che può ma ricordando la normativa sul distanziamento sociale anche per chi è sul palco, metà dei posti da assegnare al pubblico presente quindi metà biglietti venduti, i costi per la sanificazione degli spazi, il non utilizzo del bar, modalità necessarie per l’uso dei bagni, tutto questo rende difficilissimo ripartire in questo modo. Sarà difficilissimo se non impossibile un distanziamento al chiuso. Quindi, speriamo in uno spazio all’aperto.

L’attore e regista ha più volte ribadito l’importanza (e quella di cogliere questa occasione in Fase 2) di portare dunque il teatro all’aperto.

Aprire gli spazi anche ai giovani, ai ragazzi. Il fatto di portare il teatro all’aperto quest’estate potrebbe essere occasione validissima proprio per aprire ai giovani. Portare il teatro all’aperto (considerando per esempio oltre giugno-luglio-agosto, anche settembre/ottobre, mesi ottimali per esempio per la Capitale in cui il clima è clemente, Ndr) sarebbe un’occasione importante per avvicinare a questa arte anche un pubblico maggiore composto da giovani. Mettere in scena uno spettacolo allegro, divertente, porta sempre e comunque a una riflessione più profonda e potrebbe essere un grande punto di ripartenza.

Come hai vissuto e vivi l’emergenza Coronavirus e la Fase 2, dal punto di vista personale, oltre che lavorativo?

I giorni di lockdown e quarantena forzata sono stati per me, per noi artisti, un momento di riflessione per ricrearci e trovare nuove vie creative, trovare sinergia, una possibilità di unirci e fare rete che spesso, considerati i numerosi impegni, non riusciamo mai a fare. Superando i personalismi e unendoci, può essere davvero una grande opportunità di ripartenza. Deve essere questo, a mio avviso, un nuovo punto di partenza da cui trovare spirazioni e forze per ideare e rivedere nuovi possibili parametri, intenti, creatività e anche per riformare il sistema.

Occorreva una pandemia globale per riscoprire il termine “Cultura”?

Occorreva per ritrovare coesione, era ed è necessario ritrovare unità e coesione, fare rete. Ma nonostante questo, ci sono comunque dissensi. Per far capire le difficoltà del nostro settore, occorre coesione.

Il tema sovvenzioni statali è un tema delicato, cosa ne pensi?

Le sovvenzioni sono utili, ovviamente, ma a volte possono essere foriere di un “adagiamento”: parato dalla convenzione a volte tutto questo non aiuta a trovare la qualità nei lavori. La sovvenzione a volte può andare a discapito della qualità di uno spettacolo, secondo il mio parere. E poi il pubblico, però, ti castiga. Andrebbe – a mio avviso – rivisto il meccanismo e cambiato il sistema; questa sarebbe proprio l’occasione giusta per farlo. Rivedere dunque il meccanismo dei contributi e delle sovvenzioni.

Un’ultima tua considerazione.

Speriamo di riuscire a trovare una soluzione per recuperare lo spettacolo. E voglio dire una cosa: se non rispettiamo gli artisti, non c’è futuro.

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