La ragnatela della “mafia bianca” a Guidonia: appalti e mazzette, il Comune era un “bancomat”. 15 arresti

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di Gea Petrini

“Una mafia bianca ha espugnato le istituzioni ergendosi a soggetto regolatore della vita pubblica ed economica di uno dei più importanti comuni della regione Lazio”. Così scrive il Gip Alberto Cisterna nell’ordinanza cautelare che ha portato in carcere dodici persone e tre ai domiciliari: le risorse pubbliche di Guidonia Montecelio sono state “depredate” e “saccheggiate” in un sistema che mirava al controllo degli appalti e delle forniture. Quasi tutte le aree del Comune risultano invischiate, dai lavori pubblici all’urbanistica, dall’ambiente al decoro urbano, fino al trasporto pubblico locale. Sono in carcere l’ex sindaco facente funzioni Andrea Di Palma (finanziere, partito Ncd, numero due nella Giunta di centrodestra di Eligio Rubeis dal 2014), l’ex consigliere comunale di Forza Italia Alberto Morelli, l’ex segretaria comunale Rosa Mariani, i dirigenti Angelo De Paolis, Gilberto Pucci, Gerardo Argentino, i funzionari Michele Maccaroni e Maurizio Rocchi. Ci sono poi gli imprenditori e i liberi professionisti dei diversi filoni in carcere e ai domiciliari. Associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al peculato e al falso, i reati contestati a vario titolo, sullo sfondo di un Comune diventato un “bancomat”. La terza città del Lazio è un territorio “invaso da un’aria irrespirabile”, così ha detto il procuratore di Tivoli Francesco Menditto che ha coordinato un pool di quattro magistrati in questa imponente indagine, durata due anni, nella quale i finanzieri di Roma hanno smantellato un “sodalizio criminale radicato nel Comune”. Una “rete” che si sarebbe formata piazzando gli uomini giusti nei punti chiave, tanto efficiente da isolare o allontanare chi invece voleva rigare dritto.

Mazzette passate di mano in mano per strada, dentro una rivista o nella classica bustarella. Un meccanismo andato avanti dopo lo scioglimento anticipato del consiglio e il commissariamento del Comune, lo mette in evidenza a più riprese il procuratore Menditto nella conferenza di questa mattina. E’ il sentore di quella “totale impunità”. D’altronde gli indagati “hanno messo in atto accortezze per non essere intercettati e pedinati”, precisa il colonnello Cosimo Di Gesù. Una vicenda passata anche all’attenzione dei vertici dell’autorità nazionale anticorruzione, oltre che del prefetto. Un passo necessario considerando come la maggior parte degli appalti – spiega la procura – sarebbero “inquinati” per mano di “una vera e propria organizzazione”, come ha specificato il sostituto Andrea Calice. Il contesto – scrive il magistrato nell’ordinanza – è “omertoso”, cioè ci si muoveva nella convinzione di un quadro di regole (illecite) immutabili, nella certezza che il sistema “c’era, c’è e ci sarà”. Si orientavano le decisioni nel Palazzo per soddisfare “i voraci interessi personali”. Due i modi di agire individuati. Nel primo, gli amministratori e i funzionari coinvolti affidavano lavori e servizi a imprenditori amici in cambio di soldi o di utilità, nel secondo il Comune pagava per lavori o servizi mai eseguiti, e il denaro pubblico veniva poi spartito con gli imprenditori. Ma gli investigatori hanno anche scoperto che su alcune gare di grosso valore, gli atti di preparazione sarebbero stati confezionati su misura per pilotare la vittoria di alcune imprese o come, ancora, si utilizzasse il carattere di “urgenza” per favorire assegnazioni a soggetti amici aggirando la normale procedura.

ragn3C’è stato un “muro da abbattere” e la Procura è andata fino in fondo. Le indagini hanno avuto il punto di svolta quando nel 2016, in quattro diversi interventi, gli investigatori hanno avuto conferma sul passaggio di denaro. Il primo episodio è relativo al trasporto pubblico: la corruzione era finalizzata a favorire l’affidamento del servizio del valore di 3 milioni di euro. A ottobre del 2016 i finanzieri osservano l’incontro tra Andrea Di Palma e l’imprenditore della Sap, incontro mirato appunto alla consegna di 50mila euro pagati come tangente per la gestione del trasporto pubblico locale. Si vedono per strada, viene consegnata una busta bianca che le fiamme gialle sequestrano quando subito dopo fermano Di Palma e dentro ci sono i soldi, solo una “tranche”. C’è poi l’ambiente, sei i soggetti coinvolti, Argentino, Maccaroni, Rocchi e i tre imprenditori, i reati contestati peculato e falso. I lavori e servizi venivano falsamente attestati dal Comune, che quindi pagava, e il denaro invece sarebbe stato spartito successivamente con gli imprenditori. Sempre a ottobre scorso, Maccaroni si è visto con l’imprenditore al Comune, e subito dopo gli sono stati trovati 3.700 euro nella giacca. L’altro filone riguarda i lavori pubblici, quattro gli indagati tra cui appunto De Paolis, la corruzione sarebbe stata finalizzata a favorire l’affidamento dei lavori per il completamente del parcheggio di Montecelio e a facilitare le fatture. A maggio del 2016 avviene l’incontro alla Triade dove c’è la sede dei Lavori Pubblici, e De Paolis viene fermato subito dopo: aveva una busta gialla con 2.500 euro. Ancora corruzione nella quarta vicenda finita nel mirino che riguarda il settore urbanistica, sempre De Paolis con l’ex consigliere Morelli e l’imprenditore della Saitrav per l’apertura di una nuova cava. Su via Roma nei pressi di un bar avviene il passaggio di denaro, 14mila euro nascosti in una rivista, che arrivano nelle mani di De Paolis attraverso Morelli. I soldi vengono abbandonati dietro un frigorifero e sequestrati poco dopo dai finanzieri. “La mafia bianca – scrive il gip nell’ordinanza – si struttura come gruppo criminale che, mutuando le regole delle associazioni criminali, agisce con la disinvoltura e la protervia che solo i sodalizi mafiosi sanno praticare”.

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