Guidonia: tributi cave, la Tre Esse e il Comune devono rifare tutto

Il Comune di Guidonia Montecelio deve ricalcolare la base imponibile per determinare l’Ici sui terreni estrattivi portando la cifra da 54 a 25 euro a metro quadrato. Dopo allarmi, scontri, battaglie in mano agli avvocati, arriva dai componenti della commissione tributaria regionale una decisione che non solo dà ragione all’azienda che aveva fatto ricorso ma costituisce un riferimento che stravolge le carte in tavola per la Tre Esse Italia e il Comune.

La contesa è sui debiti nelle imposte che vede contrapposte da un decennio le aziende del settore estrattivo e la società che riscuote per conto dell’amministrazione di Guidonia. La Tre Esse, fondata nel 1989, che svolge i suoi servizi finanziari da Supino, Frosinone, occupandosi di accertamento e riscossione tributi nei comuni.

La Tre Esse a Guidonia, una storia complicata

La presenza della società a Guidonia è stata contestata su più piani, politico quando nell’amministrazione di centrodestra pezzi della stessa maggioranza accusavano la scelta di affidare il servizio all’esterno con un aggio (una percentuale cioè su quanto riscosso) che toglieva ossigeno alle casse. E ancora quando si andava avanti con le proroghe, e il sindacato, con la Cgil in testa, dava battaglia per esigere che il servizio tributi tornasse all’interno, in mano ai dipendenti, spogliati di ruolo ai danni delle casse pubbliche. Non è la preistoria, attenzione, l’ultima volta è stato con i cinque stelle balzati al governo del Palazzo bianco al grido di internalizzazione, per poi di fatto, tranne qualche servizio minore, lasciare tutto come era.

La querelle con le cave ha assunto i contorni di una sfida legale e sostanziale tra il distretto estrattivo e la Tre Esse, anche se in realtà, meglio ricordarlo, la società di Supino agisce per conto del Comune. Quindi succede qualcosa di molto semplice e di certo non nuovo nelle cronache guidoniane, quando l’amministrazione si mostra debole, i rapporti di forza pendono altrove. E così la Tre Esse ha assunto un ruolo sempre più protagonista a suon di cartelle da migliaia e migliaia di euro con cui chiede gli arretrati sull’Ici per i terreni a fronte di un quadro mai chiarito, sanzioni che agitano non solo i rapporti con le imprese ma, si capisce, le stanze della politica.

L’imposta per quegli anni è stata calcolata male

Per farla chiara a dividere i due fronti è la classificazione dei terreni e quanto debbano pagare. Le imprese hanno versato in base all’ultima delibera in ordine di tempo (della Giunta) e alla natura agricola dei terreni, il Comune e la Tre Esse fanno riferimento a quella del consiglio comunale da 54 euro a metro quadrato. Quindi il problema è il criterio base sul quale viene calcolata l’imposta: già diverse sentenze della Cassazione hanno messo i riferimenti in chiaro. In sostanza, i terreni non sono agricoli ma industriali, l’imposta però è stata calcolata male. Lo ha detto, per andare al caso in esame, la Suprema Corte accogliendo quindi per metà i motivi di ricorso di una azienda del distretto. Una ordinanza della Cassazione del 2019 che ha rimandato alla commissione tributaria regionale il compito di rivedere la questione delle cifre relative alla base imponibile.

E così è stato. Con l’udienza del 24 maggio scorso, la commissione tributaria ha esaminato la controversia tra l’impresa e la Tre Esse, che fa riferimento all’Ici del 2008, 2009, 2010 e 2011. La commissione riprende il principio stabilito dalla Cassazione, e cioè che per determinare la base imponibile dell’Ici si deve tenere conto delle attuali potenzialità edificatorie, e dell’incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore del terreno. Tradotto: il terreno va sì considerato edificabile ma con una valutazione reale. Se un terreno è oggi una cava, è chiaro che non possiede le stesse capacità attuali di edificazione di un’area dove sorge un centro direzionale e commerciale. Al valore poi va tolto quanto bisognerà spendere per potere edificare un domani, un costo superiore a quello tradizionale visto che si tratta del ritombamento di cava, del ripristino con annessi e connessi. Ecco perché la commissione tributaria dice chiaro e tondo che il “criterio di 54,75 euro al metro quadrato applicato dal Comune di Guidonia va sicuramente ridimensionato” e sancisce in 25 euro il criterio più “equo”. Un colpo pesante non solo nel caso singolo dell’azienda ricorrente, ma un faro adesso per le controversie relative a quegli anni. Alla Tre Esse e al Comune il compito di ricalcolare l’Ici oggetto del pronunciamento, ma per gli altri e gli ultimi undici anni?

Se il Comune non agisce, le decisioni si prendono nelle Aule dei Tribunali

Quest’ennesimo e decisivo capitolo della controversia sui tributi delle cave accende ancora il riflettore sulle mosse dell’amministrazione. La Giunta cinque stelle di Michel Barbet, dopo una partenza burrascosa nei rapporti con il settore, ha iniziato a compiere alcuni passi nella ricerca di una soluzione al rebus. Due quelli fondamentali e collegati tra loro nella partita tributi. La famosa o famigerata transazione, brandita in consiglio dalle consigliere di Davide Russo, come il peggiore dei mali per le casse di Guidonia e invece, a ben guardare quello che stabiliscono i giudici, l’unica strada per evitare un patatrac di conti e bilanci. Fatto sta che la transazione si è impantanata in attesa di numeri certi. Per averli c’è stato anche l’incarico a un perito, a un consulente esterno chiamato per stabilire finalmente il valore dei terreni per calcolare la base imponibile: finché questo non accadrà, le regole saranno decise nelle aule di tribunale dove i giudici vengono di fatto chiamati a supplire alle mancanze dell’amministrazione pubblica. Dell’esito dello studio dell’esperto però non si ha nessuna notizia, bloccato, secondo i bene informati, nei cassetti di qualche ufficio.