Elemosina vietata, Proietti: “Io da sempre vicino ai più deboli”

Non c’è solo covid nell’agenda politica locale. Oltre ai quotidiani bollettini che monitorano la situazione del contagio a Tivoli, il tema caldo resta quello del divieto di “accattonaggio molesto” che ha sortito parecchie polemiche, soprattutto dalle parti del Pd. A replicare per la seconda volta è lo stesso primo cittadino, Giuseppe Proietti, che risponde non solo ai dem, capeggiati in questa battaglia da Marco Vincenzi, capogruppo del partito di Zingaretti alla Pisana, ma anche alle sigle sindacali, Cgil, Cisl e Uil, che hanno fatto il loro intervento in una nota congiunta di qualche giorno fa. La replica di Proietti verte su due punti: il primo è che lui e la sua amministrazione non si sono inventati nulla, la norma c’era già quando lo stesso Vincenzi faceva il Sindaco ed è stata per la prima volta modificata nel 2010 dall’allora Commissario Prefettizio alla guida della Città. Una modifica, sottolinea il primo cittadino, che ha limitato sanzioni solo verso chi reca disturbo, l’accattonaggio molesto di cui sopra.

“In realtà, come è incontrovertibile, il sindaco Proietti – con l’approvazione del nuovo regolamento 2020 – ha limitato ai soli casi di disturbo ai passanti il divieto di elemosinare che, con il sindaco Vincenzi, era netto, assoluto e senza eccezioni”, fa sapere il Municipio in una nota stampa di oggi in cui si precisa anche l’impegno umano dell’inquilino di Palazzo San Bernardino, tacciato di fatto di scarsa umanità. “Superando lo spirito di riservatezza che dovrebbe sempre riguardare gli aspetti privati della vita di ciascuno di noi, mi corre l’obbligo di raccontare qui, per la prima volta, pubblicamente, un pezzo della mia storia personale per far presente che ai valori profondi della solidarietà io cerco da sempre d’ispirarmi. Non soltanto in ragione della sensibilità ideale che una cittadinanza politica di sinistra dovrebbe aver propria verso le fasce deboli della comunità; ma anche nel mio operare concreto. Come ho fatto, ad esempio, negli anni immediatamente precedenti alla mia elezione a sindaco di Tivoli, quando dopo aver frequentato un apposito corso trimestrale di formazione, ho prestato la mia opera di volontario presso la mensa centrale della Caritas diocesana di Roma. Una sera a settimana, dalle 18 alle 21, senza mai saltare una sola presenza. Mentre, negli stessi anni, in un altro pomeriggio a settimana ero volontario in una casa famiglia della Caritas per malati di Aids. E toccando con questa esperienza i tanti problemi di chi – come sostengono ben a ragione i sindacati – vive una condizione di fragilità determinata dal proprio stato economico e sociale. È un’esperienza, quest’ultima, che tutti coloro che cercano di “governare” le comunità dovrebbero vivere».

Ma c’è di più: nella parte finale della replica l’invito è anche a mettersi una mano in tasca, oltre che sul cuore, e a dare un contributo concreto ai cittadini più fragili magari mettendo qualche soldo sul conto corrente aperto da mesi per le donazioni. “Il Comune di Tivoli, subito dopo l’inizio della pandemia, ha messo a disposizione un proprio conto corrente bancario per raccogliere fondi a sostegno di chi è in difficoltà. Chi è in condizioni di potervi contribuire, può farlo. Io l’ho fatto: non so se anche altri che hanno la possibilità di donare, lo abbiano fatto. Almeno sino a oggi”. A buon intenditor…